Non era stato facile il distacco, sofferto e temuto, dalla loro isola.

E da quella terra alla Migliara, con il mare di fronte, non lontano dal grande faro che illuminava la notte, e sotto l’ombra protettiva del Monte Solaro. Una buona terra, in un angolo di paradiso con alcuni dei più bei panorami di Anacapri. Eppure la vita era dura per Raffaele e Gelsomina, tanto da convincerli che per costruirsi un futuro avrebbero dovuto attraversare l’oceano e stabilirsi in Argentina, come tanti altri paesani, anche parenti, avevano fatto prima di loro.

Ci avevano pensato bene a quel radicale cambiamento, prima di decidersi a partire con i figli ancora piccoli. Ma poi era venuto il giorno della partenza e, lasciata alle spalle la loro isola, Raffaele e Gelsomina erano già proiettati verso la nuova vita della loro famigliola. Ma a Napoli, proprio all’imbarco per la traversata transoceanica, il caso aveva bruscamente cambiato le carte in tavola. La condizione della loro bambina, sordomuta, si era rivelata un ostacolo insormontabile al viaggio. A quel punto, non avevano potuto fare altro che riprendere il mare, non sul transatlantico del loro sogno svanito, ma sul traghetto che li avrebbe riportati là dove erano partiti, ad Anacapri. E, soprattutto, a quella terra che avevano creduto non potesse garantire loro un futuro sicuro. Là dove anticamente si coltivava il miglio, Raffaele aveva ancora la sua vigna con un piccolo rudere e proprio da quella, con tanto coraggio, ricominciò insieme a Gelsomina.

Era da poco finita la guerra e Raffaele iniziò a vendere ai soldati qualche bicchiere del vino genuino che produceva nel fertile terreno alla Migliara. Piaceva quel vino generoso e qualche volta Gelsomina cucinava qualcosa con i prodotti dell’orto per accompagnarlo. Poco a poco nacque l’idea di richiedere la licenza per un bar e, in seguito, per una trattoria.

 Le specialità di nonna Gelsomina

«I piatti di pasta della nonna erano molto apprezzati. I suoi spaghetti alla “chiummenzana”, un sugo ben tirato con l’aglio e i pomidorini dell’orto, si fecero presto conoscere in tutta Capri. E poi i ravioli, il nostro piatto tipico isolano, in cui lei era maestra. I barattoli delle verdure coltivate dal nonno Raffaele, conservate sottaceto, erano un’altra sua specialità con cui farciva i panini per i ragazzi che venivano a fare qua le scampagnate», racconta la ristoratrice di oggi, che porta lo stesso nome della nonna e della sua trattoria. “Da Gelsomina”, con gli anni, era diventata un riferimento, frutto del duro lavoro e del grande impegno con cui la fondatrice e il marito avevano affrontato la vita dopo la mancata migrazione, riuscendo a cambiare la loro situazione e a creare un’opportunità di lavoro per i figli e anche per altri giovani parenti. Tra quelli, poco più che ragazzina, era arrivata nella cucina di Gelsomina anche Teresa, che lì aveva fatto conoscenza con il cugino Michele, il figlio di Gelsomina, quando lui rientrava a Capri tra un imbarco e l’altro.

«Ancora prima che si sposasse con papà – spiega Gelsomina – mamma Teresa si era appassionata al lavoro con la nonna e alle sue ricette. Che erano legate alle produzioni stagionali. Oltre a coltivare tutti gli ortaggi, il nonno allevava polli e conigli e quelle erano le carni che venivano servite in trattoria. Nonna cucinava il pollo in modo particolare e lo stesso il coniglio. Erano sue ricette, che mamma aveva imparato a fare proprio come lei. Lo stesso valeva per i ravioli, preparati dalla sfoglia al ripieno secondo la vera ricetta tradizionale caprese, con tutti prodotti locali, genuini, dal nostro terreno, di cui aveva cominciato a occuparsi anche papà». La seconda generazione iniziava il suo percorso, nel solco della prima, consolidando l’azienda di famiglia.58 h

Tre generazioni al lavoro

La stretta correlazione tra il terreno di Anacapri alla Migliara e il ristorante è stata nel tempo l’ingrediente principale della ricetta meglio riuscita dei capostipiti Gelsomina e Raffaele. Il testimone è passato poi a Teresa e a Michele, che progressivamente hanno coinvolto nel lavoro anche i loro due figli, con gli stessi nomi dei nonni. Una terza generazione che negli ultimi anni ha ampliato ulteriormente le attività di famiglia, partendo sempre dalla dotazione di quella terra speciale, per la sua fertilità e per la splendida esposizione. «Nel 2020, per i sessant’anni della nostra azienda, abbiamo trasformata la struttura antica che era nella nostra proprietà in un piccolo albergo di cinque stanze e abbiamo anche realizzato una piscina, che è aperta al pubblico e, ovviamente, ai nostri clienti del ristorante a pranzo e a cena».164 h 1920 1080

A dirigere con la dedizione di sempre la cucina di Gelsomina, in prima linea ai fornelli da quando ne ha assunto la piena responsabilità, mamma Teresa custodisce i “segreti” tramandatile dalla suocera. Ė lei, ancora, a tirare la sfoglia di acqua e farina che racchiuderà il ripieno dei ravioli, fatto di uova, maggiorana e caciotta. «Non ricotta – specifica Gelsomina giovane – ma caciotta di latte vaccino, che arriva freschissima dalla Penisola Sorrentina. D’altra parte, la nostra famiglia ha anche una radice sorrentina. Per il resto, utilizziamo tutti prodotti capresi, a cominciare dalla maggiorana, che cresce spontanea nelle nostre terre. Mamma riesce ancora a fare tre-quattrocento ravioli al giorno come faceva la nonna. E ci tiene che il ristorante mantenga il rispetto dell’identità forte della nostra cucina, dunque sia delle tradizioni capresi sia delle ricette di nonna Gelsomina, al di là delle mode e di certe nuove tendenze. Chi viene da noi, vuole mangiare bene, si aspetta sapori genuini e prodotti di ottima qualità. Abbiamo un menù sempre molto vario, con tanti primi, molti piatti di pesce e le ricette nostre più conosciute, con i ravioli considerati i migliori di Capri. I cambiamenti sono legati ai prodotti di stagione, dell’orto e del mare. Quello che serviamo in tavola arriva tutto dalla nostra terra e dai pescatori di qui che ci riforniscono di pesce. Se ne occupa mio fratello Raffaele, che continua il lavoro di papà».

149 hLa vigna della Migliara

Oltre all’orto, è rimasta la vigna da cui nonno Raffaele era ripartito. Negli anni recenti ad Anacapri sono stati recuperati antichi uliveti e ripresa la produzione di olio, «ma noi – commenta Gelsomina – abbiamo sempre avuto la vigna e continuiamo a produrre vino doc, che etichettiamo, bianco e rosso. Siamo gli unici alla Migliara con la cantina, il torchio. Facciamo il vino ancora come una volta, pigiando l’uva anche con i piedi. La vendemmia è una festa e coinvolge tutta la famiglia». Questa, oltre ai discendenti diretti e omonimi di Gelsomina e Raffaele, comprende ormai i rispettivi coniugi e i figli, ancora molto giovani, ma già progressivamente inseriti nelle diverse attività. Ė la quarta generazione, che si sta preparando anch’essa a fare la sua parte in un’azienda che, nel tempo, oltre a essere una risorsa di famiglia, lo è diventata anche per il territorio con cui si è da sempre identificata.122 h 149 h 1920 1080

63 hIn quest’ottica, Gelsomina giovane è impegnata con l’associazione dei commercianti di Anacapri a valorizzare le produzioni tipiche agricole e l’artigianato: «Da qualche anno, organizziamo una manifestazione estiva per sostenere il tessuto socio-economico del luogo. Qui ci sono artigiani della ceramica, del ferro, produzione di sandali ed è importante farli conoscere ai nostri ospiti, nella loro autenticità e peculiarità». Quegli stessi valori che, in modo del tutto spontaneo e naturale, hanno caratterizzato nel tempo l’opera di Gelsomina e Raffaele, Teresa e Michele e di tutta la loro grande famiglia. Che la fortuna immaginata nel secolo scorso al di là dell’oceano, se l’è creata nella buona terra delle origini affacciata su tramonti di fuoco.66 h

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Redazione