A SPASSO PER SALERNO
 
È uno dei monumenti più significativi della città. Sebbene abbia una fama decisamente “nera”, tanto da sconsigliarne la frequentazione dopo l’imbrunire fino all’alba. A dimostrarlo c’è il nome con cui è normalmente definito: Ponte del Diavolo.  Secondo una leggenda, sarebbero stati i diavoli a costruirlo in una sola notte, chiamati da Pietro Barliario, medico esperto di magia e alchimista dell’XI secolo. Ma nella realtà non si tratta di un ponte, bensì dell’acquedotto con cui prima di Barliario, ovvero nel IX secolo, si provvide all’approvvigionamento idrico del convento di San Benedetto, convogliando in città l’acqua dei torrenti dalle alture a nord e a est. Per questo furono realizzate due condotte, che si congiungevano in prossimità delle mura orientali, dove fu innalzata l’imponente struttura alta ventuno metri, con archi ogivali. Una novità ingegneristica che sarebbe stata utilizzata largamente dopo il Mille. Ė quella che rende ancora oggi speciale l’acquedotto antico, in pieno centro cittadino, proprio sotto il monte Bonadies dominato dal Castello di Arechi.
A legare l’acquedotto alla storia salernitana è anche un’altra mitica notte, perdipiù tempestosa. Proprio sotto i suoi archi, scelti come riparo, si sarebbero incontrati quattro uomini: l’arabo Adela, il greco Ponto, l’ebreo Elino e il latino Salernum, tutti medici. Sarebbero stati loro i fondatori della Scuola Medica Salernitana secondo la leggenda, abile sintesi della varietà dei contributi culturali, occidentali e orientali, che fecero grande il primo istituto universitario della storia. Incontri e scambi che furono certamente favoriti dalla vitalità dell’economia della Salerno medievale, proiettata oltre il mare e nutrita dalle floride relazioni intrattenute con le altre città e comunità del bacino mediterraneo.
magistri della Scuola tenevano le lezioni perlopiù presso le loro abitazioni o nei luoghi di cura, che erano numerosi in città. Non di rado accolti nei monasteri. Tra quelli inseriti nel circuito della Scuola vi fu anche l’abbazia di San Benedetto, probabilmente fondata da Arechi II nell’VIII secolo. Fu l’ultimo re longobardo, Gisulfo II, che nel 1057 fece nominare abate Alfano, destinato a diventare un anno dopo arcivescovo di Salerno e una delle personalità più in vista del suo tempo. E tra i suoi tanti talenti ben coltivati, Alfano fu anche insigne medico. Perciò l’abbazia, compresa tra i luoghi di cura della Scuola, lo vide probabilmente dare lezione tra le sue mura ai giovani studenti. 
 
 
Alfano, da arcivescovo, fu il promotore della costruzione della Cattedrale inaugurata nel 1084. Nella cappella di Santa Caterina d’Alessandria si riunivano i professori della Scuola e si consegnavano le lauree, riconosciute in tutte le nazioni europee del tempo, ai giovani medici. Tra i finanziatori della fabbrica del Duomo all’epoca di Roberto il Guiscardo vi furono anche i nobili De Ruggiero, famiglia normanna a cui apparteneva la famosa Trotula.
Altro luogo strettamente legato alla storia della Scuola è il Giardino della Minerva, fedele ricostruzione dell’Hortus Sanitatis della Scuola, che è considerato il più antico orto botanico al mondo. A impiantarlo e farlo crescere fu un celebre medico, Matteo Silvatico, che nel XIV secolo utilizzò a quello scopo una proprietà della sua famiglia da generazioni, nel centro della Salerno medievale. Lì coltivava varie specie di piante, i cosiddetti “semplici”, regolarmente utilizzate per preparare i farmaci della Scuola, anche se un altro celebre medico salernitano, Gariponto, raccomandava di raccogliere le erbe sul Monte Stella. E lì Silvatico, che frequentava a Napoli la corte angioina, teneva anche le sue lezioni agli studenti, spiegando loro pianta per pianta quali ne fossero le caratteristiche e proprietà terapeutiche e come dovesse essere somministrata ai pazienti. D’altra parte, l’erboristeria era uno dei punti di forza della Scuola, ispirata anch’essa alla teoria “dei quattro umori”.
Tornando nella zona del Duomo, a poca distanza si arriva sull’arteria che attraversa tutto il centro storico, via dei Mercanti, nota intorno al Mille come “Drapparia” per via delle botteghe di tessuti. Proprio in quel periodo, in piena epoca longobarda, fu edificata la chiesa di San Gregorio, a tre navate, che già nel 1176 subì un primo intervento di restauro sotto Ruggero II. Ma fu nel Settecento che iniziò la decadenza, quando una sua parte fu demolita per facilitare l’accesso al nuovo Palazzo Pinto, che oggi si trova dirimpetto. Non più utilizzata da decenni e ormai sconsacrata, nel 2009 è stata recuperata come sede del Museo Virtuale della Scuola Salernitana. Al suo interno, grazie alla presenza di installazioni interattive, viene illustrata la storia della Scuola, con particolare attenzione al suo periodo d’oro tra il X e il XIII secolo. Il pavimento di vetro permette di osservare la struttura originaria e una serie di antichissimi ferri chirurgici. Un posto di rilievo è riservato alla storia di Trotula De Ruggiero e ai codici miniati medievali con i trattati della Scuola, riprodotti su pannelli luminosi. Merita da solo la visita al museo, tuttavia, il Regimen Sanitatis Salernitanum, l’opera più famosa della Scuola. 
Non lontano, in via Trotula De Ruggiero, si trova il Museo Roberto Papi, dedicato al figlio del collezionista, Mario, che ha messo insieme nel tempo una straordinaria raccolta di strumenti medico-chirurgici di valore mondiale. Gli spazi espositivi ospitano oggetti riconducibili a tutte le branche della medicina così come erano praticate tra il XVII e il XX secolo e riproduce scene di vita medica legate alla storia ultrasecolare della Scuola Medica Salernitana. Soppressa ufficialmente nel 1811 dal re Gioacchino Murat, la Salerno odierna ne sta recuperando il valore anche valorizzando i luoghi che la videro crescere e trasformarsi in una eccellenza mondiale.
 
 

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Il Regimen Sanitatis Salernitanum, l’opera più famosa della Scuola.
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Avevano seguito il corso dell’Irno, fino ad avvicinarsi al luogo in cui s’incontra col mare.