Intorno a quel che resta delle possenti mura del Castello, sulla propaggine del massiccio del Monte Solaro, la primavera porta un’esplosione di giallo intenso dai riflessi aranciati.
Tanto più evidente nel contrasto con l’azzurro intenso del cielo e del mare, giù, in fondo allo strapiombo di oltre 400 metri. Tra le tante essenze caratteristiche della macchia mediterranea, a colorare le rovine e le rocce intorno alle rovine dell’antica fortezza è la ginestra spinosa (Chamaecytisus spinescens) che reca, sul petalo più grande dei suoi fiori dorati, una caratteristica macchia rossa. Una rarità botanica dell’isola di Capri, dove è presente solo in quel ristretto areale. Perciò la leggenda narra che nel 1535, quando il pirata Barbarossa, Khair el Din espugnò la fortezza che difendeva Anacapri, dandola alle fiamme e trucidando coloro che vi si trovavano, perfino la ginestra mise le spine per difesa, mentre i suoi fiori rimasero macchiati dal sangue degli sconfitti. E la ginestra che accompagnava le passeggiate degli imperatori romani, popola ogni angolo dell’isola, dalle antiche rovine fin nelle zone più impervie, dove la roccia è modellata dal vento. E dove diffonde il suo profumo di miele la ginestra odorosa (Spartium junceum), i cui fiori compongono i tappeti dell’infiorata del 14 maggio, in onore del patrono di Capri, San Costanzo, a cui è dedicata come “fiore di San Costanzo”. Mentre ad Anacapri, la chiamano “fiore di Sant’Antonio”, perché là fiorisce più in ritardo, giusto in tempo per la festa del patrono il 13 giugno.
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