Una grande piazza con percorsi coperti e vivibili in ogni momento della giornata in un’area del quartiere San Ferdinando storicamente malfamata, nonostante la vicinanza al Palazzo Reale e ad altri importanti monumenti cittadini.
Era stato con questo obiettivo che alla fine dell’800 si era dato inizio ad un impegnativo intervento di riqualificazione urbana nella zona di Santa Brigida, occupata fin dal Cinquecento da alti edifici separati da strettissimi vicoli perennemente in ombra e resi invivibili da condizioni igieniche pessime, oltre che dalla frequenza con cui vi si registravano atti di violenza tra taverne e postriboli. Così, il Risanamento, che stava già cambiando volto ad altre parti del centro cittadino con gli stessi problemi, aprì la strada al totale rinnovamento di quello spazio con un’opera monumentale, straordinariamente innovativa dal punto di vista architettonico: una grande galleria commerciale con una copertura di ferro e vetro, ispirata da quella inaugurata a Milano solo dieci anni prima.
Il concorso tra progettisti vide prevalere l’idea dell’ingegner Emmanuele Rocco, poi integrata da Antonio Curri e da Ernesto Di Mauro. Si trattava di una galleria a quattro braccia, intersecantesi al centro in una crociera ottagonale coperta da una volta progettata da Paolo Boubèe. Si iniziò dalla demolizione dei vecchi edifici malsani a partire dal 1° maggio 1887, fatta eccezione per Palazzo Capone. Il novembre di quello stesso anno fu messa la prima pietra del nuovo edificio, che venne inaugurato il 19 novembre 1890. Si decise di intitolare la Galleria al re Umberto I, come segno di riconoscenza per il sostegno assicurato alla città durante e dopo l’ultima epidemia di colera, da cui era partito il processo di risanamento urbano.
Quattro gli ingressi alla Galleria: via Toledo a nord, via San Carlo a ovest, via Santa Brigida a est e via Verdi a sud.
Su via San Carlo, proprio davanti al celebre teatro omonimo, c’è l’ingresso principale dalla facciata a esedra con un porticato architravato, sostenuto da colonne di travertino e con due archi ciechi, uno sopra la galleria e uno sopra l’ambulacro. Le finestre sono, al primo piano, a serliana alternate a coppie di lesene con capitelli in stile composito; al secondo, ci sono finestre a bifora con lo stesso motivo di lesene; le finestre dell’attico sono a coppie, quadrate, e le lesene hanno il capitello tuscanico. Sulle colonne dell’arco di destra l’elemento decorativo rappresenta le quattro stagioni, il Lavoro e il Genio della Scienza; sul fastigio, sono rappresentati la Ricchezza al centro e, sui lati, semisdraiati, il Commercio e l’Industria. Le colonne dell’arco di sinistra sono dedicate, invece, ai quattro continenti, la Fisica a sinistra e la Chimica a destra; sul fastigio, al centro l’Abbondanza, e, sdraiati, il Telegrafo a destra e il Vapore a sinistra. Nei tondi sul soffitto sono rappresentate varie divinità classiche. Sulle facciate minori si ripetono gli stessi motivi.
Su via Toledo, tra i fregi si distinguono due coppie di putti e i simboli del Seggio di Porta Capuana (un cavallo frenato) e del Portanova (una porta). Su via Santa Brigida, oltre ai putti, si notano gli emblemi del Seggio di Porto (l’uomo marino) e del Seggio di Montagna (monti). Ai lati dell’arco dei pannelli sono dedicati alla Guerra e alla Pace. Su via Verdi, invece, sono in evidenza gli emblemi del Seggio di Nido (un cavallo sfrenato) e del Seggio del Popolo (una grande P); ai lati dell’arco pannelli evocano con terreni coltivati l’Abbondanza con i terreni coltivati, mentre la navigazione simboleggia la Ricchezza; lungo la strada, una lapide marmorea ricorda che lì abitò Goethe.
Le opere architettoniche e artistiche all’interno
All’interno della Galleria, ai quattro lati s’innalzano quattro palazzi che hanno tutti l’ingresso nell’ottagono centrale. Le facciate sono uguali, con il registro inferiore segnato dalle lesene lisce dipinte a mano, che incorniciano i negozi e i mezzanini superiori. Al primo piano vi sono serliane, bifore al secondo e finestre quadrate al terzo.
I quattro bracci della Galleria, coperti da strutture in ferro e vero che lasciano entrare la luce naturale, creano al centro un’ampia piazza, sormontata da una cupola anch’essa in ferro e vetro che giganteggia nel panorama di quel quadrante della città con il vertice che raggiunge i 57 metri, la sua altezza di oltre 34 metri, la lunghezza 147 metri, la larghezza di 15, della cupola 57 metri, larghezza 15 altezza 34 e mezzo lunghezza 147 metri.
Negli otto pennacchi della cupola sono raffigurate otto figure femminili che sostengono altrettanti lampadari. Nei ventagli tutte le decorazioni sono riconducibili alla musica, mentre iI tamburo reca una decorazione a semicerchio di foreste con un motivo ricorrente di triangoli intrecciati a formare delle stelle di Davide. Sul pavimento a mosaico, ricollocato dopo l’ultima guerra che aveva distrutto tutte le parti in vetro, sono rappresentati i venti e lo Zodiaco. Tutti segni riconducibili alla simbologia massonica, che raccontano un aspetto fondamentale della genesi della Galleria, dove non a caso è la sede storica del Grande Oriente d’Italia.
C’è anche un museo dentro la Galleria. Si trova al secondo piano della facciata principale che dà su via San Carlo. Ė il Museo del Corallo Ascione, allestito da quella che è considerata la più antica fabbrica di corallo di Torre del Greco, fondata nel 1855 da Giovanni Ascione. L’area espositiva è divisa in due sezioni. La prima ripercorre la storia della pesca e della trasformazione del corallo in gioielli di alta oreficeria, mostrando attrezzature da pesca e tecniche di lavorazione del corallo. Una sottosezione è interamente dedicata ai cammei. La seconda sezione è interamente riservata a gioielli di corallo e cammei creati tra l’Ottocento e gli anni ’40 del Novecento.
Due anni dopo l’apertura, la Galleria ospitò la sede del quotidiano “Il Mattino”, fondato nel 1892 ad opera di Eduardo Scarfoglio e Matilde Serao.
Il primo cinema di Napoli e il Salone Margherita
La Galleria era stata pensata e realizzata come grande centro commerciale nel centro della città, luogo di aggregazione, di passeggio e anche di divertimento. Per questo, oltre alle numerose attività commerciali che vi si insediarono fin dall’apertura, nel 1896 vi fu aperto il primo cinema di Napoli, uno dei primi in Italia, dove venivano proiettati i film dei fratelli Lumière. Il padovano Mario Recanati fu il padre della novità che incontrò subito il favore del pubblico, peraltro sempre molto numeroso sotto i lucernari della Galleria, divenuta ben presto il centro della mondanità cittadina.
Sotto la Galleria, ampi locali furono destinati al Salone Margherita, che si affermò come principale luogo di svago e di divertimento durante il periodo liberty.
Inaugurato il 15 novembre nel 1890, il Salone fu inizialmente dedicato a concerti da camera, per poi diventare caffè chantant, sulla scia dei più famosi già di grande successo a Parigi, e punto di riferimento per lo spettacolo leggero della Belle Ėpoque napoletana. Fu frequentato da personaggi come Gabriele D’Annunzio, Salvatore Di Giacomo, Ferdinando Russo, Eduardo Scarfoglio, Francesco Crispi. Il declino cominciò già con il primo conflitto mondiale, dopo la seconda guerra mondiale divenne tempio dell’avanspettacolo e, poi, della sceneggiata fino alla chiusura nel 1962. Riaperto negli anni recenti, apre per eventi e serate speciali
___