Ormai ci si può arrivare solo via mare. Un lembo di terra, meno di un ettaro quadrato, che emerge dal mare davanti a Monte di Procida, e guarda l’isola, ben più grande, di Procida, come a ridurre la distanza marina tra quei due elementi di un’unica storia.
Del Monte di Procida era stato parte integrante, corpo avanzato, promontorio di un promontorio, fino al 1488, quando un cataclisma, forse un maremoto, tagliò il cordone ombelicale con la terraferma: così è nato l’isolotto di San Martino.
Il nome gli è arrivato da una chiesetta antica, dedicata a San Martino di Tours, che i montesi amavano frequentare nel Medio Evo, anche attratti dalla bellezza del luogo in cui sorgeva. Un altro violento maremoto l’aveva distrutta, ancora prima della separazione dalla terraferma, ma la memoria di quel culto tanto sentito e delle tradizioni ad esso legate sarebbero state preservate dal toponimo nel tempo.
L’isolotto divenne ben presto fondamentale per l’economia della pesca procidana: fu nel suo mare che venne impiantata la tonnara, in funzione tra il XVI e il XVII secolo, che i tonnarotti procidani impararono a gestire istruiti da esperti siciliani, appositamente trasferitisi tra Procida e Monte di Procida.
San Martino, intanto, continuava ad essere sfruttato come cava di pozzolana, il materiale vulcanico che caratterizza l’intera area flegrea. L’estrazione fu tanto accentuata e prolungata nel tempo da abbassare di ben sedici metri l’altezza originaria di quel piccolo territorio, che conservava tuttavia una notevole vegetazione e un fascino indiscusso per la sua posizione.
Quando, durante la Prima Guerra Mondiale fu realizzata a Baia una fabbrica di siluri, l’isolotto fu utilizzato come sito di collaudo per quelle armi destinate alla Marina italiana.
A riunire di nuovo, stavolta artificialmente, San Martino alla terraferma, si provvide con un lungo ponte a cui si accedeva grazie ad un tunnel, lungo tre chilometri, con ingresso in località Cappella, tra Monte di Procida e Bacoli, completato nel 1940. Durante il secondo conflitto mondiale, i tedeschi minarono sia il ponte che il tunnel.
Dopo la guerra, l’isolotto rimase a lungo abbandonato, fin quando, ormai negli anni Sessanta, non fu recuperato da un privato, che vi avviò varie attività turistiche. Un tunnel pedonale, più breve di quello di accesso al ponte, consentiva di spostarsi agevolmente da un versante all’altro di San Martino, fino a raggiungere il lato affacciato sul magnifico panorama dominato da Ischia e Procida.
Questo è uno dei tratti salienti dell’isolotto di San Martino, insieme al suo notevole valore naturalistico, che restano importanti attrattori in attesa di essere di nuovo valorizzati, dopo la chiusura del tunnel e il crollo di una parte del ponte trait d’union con la terraferma. a
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