Ancora pochi giorni e, con i primi tepori primaverili, la terra a Cicerale sarà di nuovo pronta ad accogliere gli umili e preziosi ceci, che per secoli hanno intrecciato le loro fasi stagionali con la storia di un’intera comunità del Cilento.
Tanto da rischiare di scomparire man mano che quella si assottigliava, impoverita dall’emigrazione che staccava i suoi figli dalle loro solide radici contadine. Tra tanti, Giovanna Voria non aveva fatto eccezione.
Appena sposata si era trasferita, certo non troppo lontano come tanti altri, appena ad Agropoli, ma abbastanza da lasciarsi dietro la terra lavorata per generazioni e tutti i suoi frutti, ceci compresi.
Il settore della lavorazione del marmo in cui aveva preso a fare l’imprenditrice non c’entrava nulla con la vita precedente. Anche se non ne aveva cancellato la memoria né il patrimonio di saperi antichi e men che meno l’orgogliosa consapevolezza di un’origine contadina. Che pure con quei ceci, oltre a molto altro, aveva a che fare.
Terra quae cicera alit, terra che nutre i ceci. Il motto a corredo dell’immagine di una pianta di cece arrampicata su una graminacea che campeggia sullo stemma di Cicerale, rivendica un passato comune con il legume che ha dato il nome al borgo cilentano. Merito di una terra che offriva ottima argilla ai costruttori di tegole insieme alle condizioni ideali per la crescita di un cece che si era fatto apprezzare per la sua diversità. Più piccolo, ma molto saporito, nei campi coltivati a vigneti, oliveti e floridi orti, era solitamente il compagno fedele del grano, con cui condivideva il periodo della raccolta in estate. Irrinunciabile per ogni famiglia, non meno delle spighe dorate, non c’era ciceralese che non lo tenesse nel suo terreno. E nemmeno la famiglia di Giovanna ci rinunciava, tramandando di generazione in generazione la semente buona di una varietà unica e amica.
Faceva in tempo a seminarlo anche la madre di Giovanna, il piccolo cece, prima di prendere la strada verso il Piemonte, ogni anno, nella primavera avanzata. «Avevo quattordici mesi quando mamma andò per la prima volta a fare la mondina nel Vercellese – racconta – con un’altra donna di Cicerale. Rimase lontana dai primi di maggio a fine giugno per la raccolta del riso. Continuò anche negli anni seguenti, con un numero sempre maggiore di donne, arrivarono fino a quaranta. Erano le mondine del Cilento, che si sacrificavano per il bene delle loro famiglie. Erano brave a lavorare in risaia, d’altra parte prima della bonifica si coltivava il riso anche da noi, nella piana del Sele. Ricordo che a Natale mamma preparava un pacco per il “padrone” al nord con i fichi e i ceci, le nostre specialità». Altre, di specialità, ne nascevano in cucina, dalla maestria con cui la mamma e le nonne trasformavano i semplici prodotti della terra che raccoglievano freschi ogni giorno intorno a casa, sempre diversi a seconda delle stagioni.
Le scelte e i gesti familiari di mamma e nonne tra i campi e la cucina, tanto usuali da diventare scontati, sono l’imprinting su cui Giovanna ha costruito la sua nuova vita, quando decise di cambiarla alla vigilia del nuovo millennio. Una svolta radicale rispetto a quanto aveva realizzato per venticinque anni lontano dai terreni di famiglia. Quando decise di tornare, per coltivarli innanzitutto, aveva in mente un piccolo cece a cui nessuno più dava valore, tanto che era quasi sparito nel paese che pure gli era dedicato. Così, il progetto dell’agriturismo, avviato con coraggio e determinazione nei casali di famiglia, aveva come punto fermo proprio il recupero del cece di Cicerale, che riprese ad affidare alla terra di casa nel 1999.
«Aprimmo l’agriturismo a giugno 2001 e già a luglio venne a trovarci la troupe di un programma della BBC come “Linea Verde” per un servizio sul Cilento – ricorda Giovanna - Dovevano passare da noi una giornata, ci rimasero una settimana e furono molto colpiti dalla storia dei ceci e dal nostro modo di cucinare tutti i prodotti della terra. “Hai l’oro in casa, perché non scrivi un libro?, mi dissero. Per gli altri non era così. Nessuno avrebbe scommesso un centesimo sulla mia idea di puntare sui ceci e sulla cucina contadina povera, in cui sono protagoniste anche le erbe spontanee, ma non la carne e i cibi associati alla modernità».
L’interesse degli inglesi per i ceci di Giovanna, però, attirò l’attenzione del sindaco dell’epoca, che con l’attuale sindaco allora consigliere comunale aveva voluto a Cicerale quegli ospiti stranieri. «Un giorno mi propose di acquistare, come Comune, una parte del raccolto, per farne sacchetti da distribuire a ogni residente, dando così la possibilità a chi avesse voluto di coltivarli. Accettai subito e, in effetti, alcuni decisero di seminarli. Così, poco a poco, è ripresa la coltivazione dei nostri ceci, anche se molti la fanno solo per uso familiare. I terreni adatti sono in gran parte scoscesi, la lavorazione avviene a mano, i costi di produzione sono altissimi e la fatica è tanta, ma oggi a Cicerale ci sono sei produttori di ceci. Che pensavo fin dall’inizio potessero diventare un presidio Slow Food».
Per dare il meglio nel campo dell’ospitalità e soprattutto della ristorazione, Giovanna si era rimessa a studiare. Con l’entusiasmo e la forza di volontà che traspaiono anche da ogni parola della sua appassionata narrazione: «A cinquant’anni ho voluto prendere il diploma dell’Alberghiero, perché sentivo l’esigenza di dare basi professionali alle mie conoscenze. Da allora ho seguito una sessantina di corsi sull’alimentazione per arricchire le mie conoscenze, anche se gli insegnamenti di mamma e delle nonne restano fondamentali. Bisogna sempre studiare, per migliorarsi, anche con incontri, scambi e contaminazioni con culture ed esperienze diverse. Ciò che mi offrono i viaggi in Italia e all’estero per tenere corsi e lezioni sulla nostra cucina contadina. Ovviamente, i ceci li porto sempre io da casa».
Non potrebbe evitarlo, visto il successo del suo libro del 2007 con ben duecento ricette a base dei ceci che hanno un posto di primo piano nella sua cucina: «Ho elaborato interi menu con i ceci dagli antipasti ai dolci – spiega la chef contadina, come ama definirsi – Tradizionalmente da noi venivano cucinati con le lagane o a zuppa, io ci faccio anche il gelato, il liquore e perfino il caffè e li preparo sciroppati, al vino, al cioccolato. Ne coltivo anche altre qualità rare, come quelli bruni. D’altra parte, in cucina, secondo me, cinque sono le cose indispensabili: prodotti di qualità, cucinare in modo semplice, un buon olio extra vergine di oliva, fantasia e amore».
E ci sono voluti fantasia e amore per perseguire e centrare l’obiettivo del presidio Slow Food, uno dei 14 che conta da solo il Cilento tra i 20 dell’intera Campania. Non certo un caso nella terra che da cinquant’anni è patria della Dieta Mediterranea patrimonio Unesco. «Quando nel 2010 arrivò il riconoscimento Unesco – dice Giovanna – l’emozione per me fu grande. La mia idea di cucina che qua nessuno all’inizio aveva capito, trovava un riscontro importante. Ne ho tratto la carica per andare avanti. Come dall’incoraggiamento di quanti negli anni sono venuti qui a mangiare o a trascorrere un periodo per staccare e ritrovare sapori genuini e cibi salutari».
Conoscitrice profonda degli studi di Ancel Keys e della sua équipe, compreso il cardiologo Jeremiah Stamler che alla sua tavola ha mangiato, Giovanna è diventata una efficace e convinta divulgatrice della Dieta Mediterranea: «Quella studiata da Keys come base ldela famosa piramide alimentare – sottolinea la chef – è la dieta povera dei contadini, che mangiavano la carne solo nelle feste importanti dell’anno, che preferivano il piatto unico con molte verdure, che usavano olio etra vergine di oliva, non quella dei signori. È uno stile di vita salutare, testimoniato dalla longevità dei nostri vecchi, che mi piace far conoscere in giro e spiegare ai ragazzi delle scuole. È una bella soddisfazione vederli attenti e partecipi, far apprezzare loro i magnifici otto, i nostri legumi, e le erbe spontanee, con il cacioricotta delle nostre parti». Per questo impegno il Museo di Pioppi nel 2017 l’ha nominata ambasciatrice della Dieta Mediterranea nel mondo. E così Giovanna Voria, forte della notorietà conquistata in giro per il mondo, continua a diffondere ovunque la cultura contadina del suo territorio e le eccellenze che lo rappresentano. Chi meglio di lei, che ha saputo dare una nuova vita ai rari Ceci di Cicerale?
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