Il riposo è solo apparente. La terra, che anche quest’anno è stata generosa, si prepara ad accogliere i semi delle erbe primaverili tra i filari di viti già quasi spoglie.
Sono loro le signore del campo, beneficiarie principali della prossima semina. E le umili erbe, che copriranno di fiori il terreno a primavera, renderanno ancora più spettacolare lo scenario del vigneto di Licosa, che si estende sul promontorio fin quasi a incontrare il mare. Un angolo di grande valore ambientale, tutelato da un Sito di Interesse Comunitario e da una riserva naturale. E anche dalla scelta di vita di Alferio Romito, vignaiolo in Castellabate, come tiene a presentarsi con motivazioni forti e convincenti. Pari a quelle che lo hanno sempre accompagnato nel percorso intrapreso quando era appena un ragazzino.
In quella parte di Cilento costiero legata al mito di Leucosia, la famiglia Romito ha radici saldamente ancorate alla terra da quattro generazioni. Come le viti, gli ulivi e i fichi, imprescindibili capisaldi dell’agricoltura cilentana di cui si è sempre occupata. E con i quali Alferio ha preso familiarità da quando ha memoria. Ci si è trovato, nei terreni, nelle vendemmie, coinvolto anche solo come spettatore nei ritmi annuali della coltivazione. All’inizio. Ma poi ha deciso che lì voleva investire le sue energie e il suo futuro. E dunque ha frequentato l’Istituto Tecnico Agrario, poi Viticoltura ed Enologia alla Federico II di Napoli, per poi conseguire la laurea magistrale in Scienze e Tecnologie Agrarie e poter sintetizzare oggi, con giusto orgoglio: «Sono perito agrario, enologo e agronomo». Insomma, uno che conosce bene ciò di cui si prende cura ogni giorno, con amore oltre che con perizia, e a cui ha affidato il suo sogno da quattordicenne «di produrre una bottiglia di vino con il mio nome sopra».
Agricoltura biologica e vendemmia ad agosto
Il sogno, diventato nel frattempo progetto imprenditoriale e di vita, ha cominciato a concretizzarsi nel 2017, grazie soprattutto alla vigna di Licosa. Una sua creatura, visto che l’ha impiantata lui, scegliendo due vitigni espressione del territorio, l’Aglianico IGP e il Fiano DOC, già garanzia di quella qualità al cui raggiungimento concorre in modo decisivo l’impostazione che Romito ha dato fin dall’inizio al suo lavoro. Convinto che «chi fa il vino, è l’uomo» e che la maestria del vignaiolo è un elemento che fa la differenza. Per questo non c’è fase della produzione che non segua personalmente, curandone tutti gli aspetti, in linea con i disciplinari e con le convinzioni che ha maturato sulla gestione della vigna e dell’azienda.
Prima ancora che sulle viti, l’attenzione si concentra sul suolo. «La mia è un’azienda biologica che esclude il ricorso a tecniche invasive sia in vigna che in cantina – spiega – Partendo da questo, bisogna tener conto che non è semplice gestire tutte le variabili pedologiche che si presentano in un terreno che arriva al mare, dunque bellissimo da vedere, ma esposto alla salsedine delle mareggiate, anche quelle primaverili quando le viti iniziano a germogliare, e al vento, che facilita la propagazione dei parassiti, a cominciare dall’oidio. Così, l’approccio non può essere legato alla tradizione, ma deve essere puramente scientifico. E infatti facciamo continuamente analisi per monitorare tutto dei nostri vini, prima che finiscano in bottiglia».
Nulla è lasciato al caso, a partire dalla cura del suolo: «In autunno, provvediamo alla semina di un miscuglio di varie specie di erbe che, dopo lo sfalcio primaverile, nutrono il terreno, apportandovi la sostanza organica che lo migliora. Allo stesso tempo, proteggono il suolo dai raggi del sole e dall’evaporazione dell’umidità, che è importantissimo in una zona dove non è possibile intervenire d’estate neanche con irrigazioni di soccorso. Tutto va preventivato prima con l’agricoltura biologica. Infatti, nonostante la prolungata siccità, quest’anno le viti hanno mantenuto una vigoria perfetta». E ancora una volta hanno donato i loro frutti con molto anticipo rispetto a qualunque altro luogo. «Siamo i primi a vendemmiare nel Cilento – conferma Romito – Le nostre uve presentano zuccheri e acidità già ottimali alla metà di agosto e quindi iniziare la vendemmia il 10 agosto non è una forzatura, Anticipiamo di una trentina di giorni tutti gli altri areali».
E certamente la posizione tanto prossima al mare, in uno dei tratti di costa più belli della Penisola, è «un valore aggiunto, che contribuisce all’unicità del prodotto – sottolinea il nostro ospite – Inoltre, tra gli obiettivi dei vini di qualità c’è la loro autenticità, ovvero che provengano da quelle vigne con quelle caratteristiche, che debbono rivelarsi fino in bottiglia».
Il sogno, diventato nel frattempo progetto imprenditoriale e di vita, ha cominciato a concretizzarsi nel 2017, grazie soprattutto alla vigna di Licosa. Una sua creatura, visto che l’ha impiantata lui, scegliendo due vitigni espressione del territorio, l’Aglianico IGP e il Fiano DOC, già garanzia di quella qualità al cui raggiungimento concorre in modo decisivo l’impostazione che Romito ha dato fin dall’inizio al suo lavoro. Convinto che «chi fa il vino, è l’uomo» e che la maestria del vignaiolo è un elemento che fa la differenza. Per questo non c’è fase della produzione che non segua personalmente, curandone tutti gli aspetti, in linea con i disciplinari e con le convinzioni che ha maturato sulla gestione della vigna e dell’azienda.
Prima ancora che sulle viti, l’attenzione si concentra sul suolo. «La mia è un’azienda biologica che esclude il ricorso a tecniche invasive sia in vigna che in cantina – spiega – Partendo da questo, bisogna tener conto che non è semplice gestire tutte le variabili pedologiche che si presentano in un terreno che arriva al mare, dunque bellissimo da vedere, ma esposto alla salsedine delle mareggiate, anche quelle primaverili quando le viti iniziano a germogliare, e al vento, che facilita la propagazione dei parassiti, a cominciare dall’oidio. Così, l’approccio non può essere legato alla tradizione, ma deve essere puramente scientifico. E infatti facciamo continuamente analisi per monitorare tutto dei nostri vini, prima che finiscano in bottiglia».
Nulla è lasciato al caso, a partire dalla cura del suolo: «In autunno, provvediamo alla semina di un miscuglio di varie specie di erbe che, dopo lo sfalcio primaverile, nutrono il terreno, apportandovi la sostanza organica che lo migliora. Allo stesso tempo, proteggono il suolo dai raggi del sole e dall’evaporazione dell’umidità, che è importantissimo in una zona dove non è possibile intervenire d’estate neanche con irrigazioni di soccorso. Tutto va preventivato prima con l’agricoltura biologica. Infatti, nonostante la prolungata siccità, quest’anno le viti hanno mantenuto una vigoria perfetta». E ancora una volta hanno donato i loro frutti con molto anticipo rispetto a qualunque altro luogo. «Siamo i primi a vendemmiare nel Cilento – conferma Romito – Le nostre uve presentano zuccheri e acidità già ottimali alla metà di agosto e quindi iniziare la vendemmia il 10 agosto non è una forzatura, Anticipiamo di una trentina di giorni tutti gli altri areali».
E certamente la posizione tanto prossima al mare, in uno dei tratti di costa più belli della Penisola, è «un valore aggiunto, che contribuisce all’unicità del prodotto – sottolinea il nostro ospite – Inoltre, tra gli obiettivi dei vini di qualità c’è la loro autenticità, ovvero che provengano da quelle vigne con quelle caratteristiche, che debbono rivelarsi fino in bottiglia».
Il Colle del Corsicano
Sebbene gran parte della sua produzione vinicola arrivi dalla vigna sul mare, Romito ha scelto di chiamare la sua azienda “Colle del Corsicano”. Che è il nome della «collina in cui la mia famiglia ha sempre vissuto e prodotto vino da tavola». Venduto sfuso, in quantità, quando i fusti di legno dalla cantina venivano ancora caricati sui muli, perché la strada carrabile era lontana.
Sul colle che s’innalza tra Castellabate e Montecorice, le vigne si estendono con un’esposizione a sud. E lì, dove le condizioni pedo-climatiche sono diverse da Licosa, si coltiva Aglianico nelle vigne antiche di famiglia, oggi rinnovate. Un passaggio importante nel processo di crescita aziendale, che richiederà ancora anni di impegno. Romito lo sa bene che le 25mila bottiglie annuali dovranno essere progressivamente incrementate «per essere presenti sui mercati nazionale ed esteri. E dovremo impiantare nuovi vigneti. Ma per diventare azienda occorre tempo, il progetto si svilupperà in qualche decennio, guardando sempre più alla qualità e rispettando il territorio».
Sebbene gran parte della sua produzione vinicola arrivi dalla vigna sul mare, Romito ha scelto di chiamare la sua azienda “Colle del Corsicano”. Che è il nome della «collina in cui la mia famiglia ha sempre vissuto e prodotto vino da tavola». Venduto sfuso, in quantità, quando i fusti di legno dalla cantina venivano ancora caricati sui muli, perché la strada carrabile era lontana.
Sul colle che s’innalza tra Castellabate e Montecorice, le vigne si estendono con un’esposizione a sud. E lì, dove le condizioni pedo-climatiche sono diverse da Licosa, si coltiva Aglianico nelle vigne antiche di famiglia, oggi rinnovate. Un passaggio importante nel processo di crescita aziendale, che richiederà ancora anni di impegno. Romito lo sa bene che le 25mila bottiglie annuali dovranno essere progressivamente incrementate «per essere presenti sui mercati nazionale ed esteri. E dovremo impiantare nuovi vigneti. Ma per diventare azienda occorre tempo, il progetto si svilupperà in qualche decennio, guardando sempre più alla qualità e rispettando il territorio».
L’identificazione con il territorio e le visite in vigna
Ė un vigneto speciale, quello di Licosa. E non solo per la qualità del vino che vi si produce, ma perché è incastonato in un paradiso naturale. Una unicità di cui Romito, innamorato della sua terra, è perfettamente consapevole, come delle responsabilità che ne discendono. Di cui ha tenuto conto fin dall’inizio della sua esperienza di vignaiolo, compresa la scelta di farvi agricoltura biologica. «Mi sono ripromesso di non modificare il contesto paesaggistico della vigna – racconta – per questo ho voluto disegnare su carta, prima dell’impianto, il viale di accesso in terra battuta e l’orientamento dei filari. E nel viale ho evitato i cipressi che amo, a parte due all’ingresso, preferendo la macchia mediterranea, tipica del luogo: lentischi, mirti, olivastri. Abbiamo anche lasciato una fascia di macchia tra la vigna e il mare, come protezione dalla brezza marina, per il paesaggio e per gli uccelli. Unica eccezione – aggiunge sorridendo – sono le rose piantate all’inizio e alla fine dei filari».
La conservazione dell’identità del luogo è un altro richiamo per quanti visitano la vigna di Licosa. Romito propone agli estimatori dei suoi vini anche un percorso di conoscenza diretta dell’azienda, una visita al magnifico vigneto sul mare: «Il nostro percorso di degustazione non è rivolto al commercio. Prima di andare in cantina, portiamo gli ospiti a toccare le viti, ad ammirare il panorama che spazia fino alla Costiera Amalfitana e a Capri e parliamo della vigna, della coltivazione biologica e del nostro territorio. Anche per questo ci tengo a scrivere sull’etichetta che siamo vignaioli in Castellabate. Senza il nostro territorio, non avrebbe senso parlare. E il Cilento, che è ancora poco conosciuto dal punto di vista viticolo, deve essere identificabile quando andiamo fuori e proponiamo il nostro prodotto. Rispetto la mia terra come me stesso, la mia famiglia, i miei amici».
Ė un vigneto speciale, quello di Licosa. E non solo per la qualità del vino che vi si produce, ma perché è incastonato in un paradiso naturale. Una unicità di cui Romito, innamorato della sua terra, è perfettamente consapevole, come delle responsabilità che ne discendono. Di cui ha tenuto conto fin dall’inizio della sua esperienza di vignaiolo, compresa la scelta di farvi agricoltura biologica. «Mi sono ripromesso di non modificare il contesto paesaggistico della vigna – racconta – per questo ho voluto disegnare su carta, prima dell’impianto, il viale di accesso in terra battuta e l’orientamento dei filari. E nel viale ho evitato i cipressi che amo, a parte due all’ingresso, preferendo la macchia mediterranea, tipica del luogo: lentischi, mirti, olivastri. Abbiamo anche lasciato una fascia di macchia tra la vigna e il mare, come protezione dalla brezza marina, per il paesaggio e per gli uccelli. Unica eccezione – aggiunge sorridendo – sono le rose piantate all’inizio e alla fine dei filari».
La conservazione dell’identità del luogo è un altro richiamo per quanti visitano la vigna di Licosa. Romito propone agli estimatori dei suoi vini anche un percorso di conoscenza diretta dell’azienda, una visita al magnifico vigneto sul mare: «Il nostro percorso di degustazione non è rivolto al commercio. Prima di andare in cantina, portiamo gli ospiti a toccare le viti, ad ammirare il panorama che spazia fino alla Costiera Amalfitana e a Capri e parliamo della vigna, della coltivazione biologica e del nostro territorio. Anche per questo ci tengo a scrivere sull’etichetta che siamo vignaioli in Castellabate. Senza il nostro territorio, non avrebbe senso parlare. E il Cilento, che è ancora poco conosciuto dal punto di vista viticolo, deve essere identificabile quando andiamo fuori e proponiamo il nostro prodotto. Rispetto la mia terra come me stesso, la mia famiglia, i miei amici».
Viti, ulivi e fichi, il meglio della terra cilentana
L’impegno dell’enologo non ha cancellato la passione di Alferio per l’olio, nata fin da ragazzino tra gli ulivi secolari di famiglia sul Colle del Corsicano. «Agli ulivi antichi di qui – dice – si aggiungono le cento piante di ulivo di 30/40 anni piantate lungo il perimetro del vigneto di Licosa, che hanno anche un valore estetico in quel luogo. Il nostro è un olio biologico certificato, estratto a freddo a poche ore dalla raccolta, in modo da conservarne inalterate tutte le proprietà salutari. Si tratta di una produzione annuale molto ridotta, ma per noi anche in quel caso conta un discorso di qualità».
Quanto ai fichi, «è mio padre che se ne occupa, ci tiene moltissimo. Gli abbiamo riservato uno spazio sul Colle tutto per i fichi, che si diverte a produrre per noi e per gli amici». Omaggio alla tradizione e al territorio cilentano lì dove la vite regna tra terra e mare.
L’impegno dell’enologo non ha cancellato la passione di Alferio per l’olio, nata fin da ragazzino tra gli ulivi secolari di famiglia sul Colle del Corsicano. «Agli ulivi antichi di qui – dice – si aggiungono le cento piante di ulivo di 30/40 anni piantate lungo il perimetro del vigneto di Licosa, che hanno anche un valore estetico in quel luogo. Il nostro è un olio biologico certificato, estratto a freddo a poche ore dalla raccolta, in modo da conservarne inalterate tutte le proprietà salutari. Si tratta di una produzione annuale molto ridotta, ma per noi anche in quel caso conta un discorso di qualità».
Quanto ai fichi, «è mio padre che se ne occupa, ci tiene moltissimo. Gli abbiamo riservato uno spazio sul Colle tutto per i fichi, che si diverte a produrre per noi e per gli amici». Omaggio alla tradizione e al territorio cilentano lì dove la vite regna tra terra e mare.
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