Con i suoi quatttromila anni, dopo Monte Nuovo, è il più giovane dei trenta vulcani della caldera del Campi Flegrei. Sebbene situato in parte nell’area di Napoli, il cratere degli Astroni, dal punto di vista amministrativo, ricade interamente nel territorio di Pozzuoli, mentre dal punto di vista geologico rientra nel complesso vulcanico di Agnano.
E infatti con i suoi 247 ettari confina a sud con Agnano/Montespina, a nord e ad est con il quartiere napoletano di Pianura e ad ovest con il cratere di Cigliano.
La forma ellittica che lo contraddistingue, identifica immediatamente gli Astroni come un vulcano, oggi spento, creato e modellato da sette eruzioni esplosive verificatesi tra i 4.100 e i 3.800 anni fa. Il punto più alto lungo il perimetro di circa sei chilometri corrisponde allo sperone di Torre Nocera, che raggiunge i 261 metri di altezza, mentre il fondo si trova a poco meno di una decina di metri sul livello del mare. Non mancano altri rilievi, coni di lava come il colle Pagliaroni di 54 metri, il colle dellaRotondella di 69 metri e il colle dell’Imperatrice di 76 metri e il duomo di lava della Caprara. Nell’area del cratere si trovano anche il Lago Grande, di circa tre ettari, alimentato dalla falda sotterranea, e altri due invasi, poco più che stagni, il Cofaniello grande e il Cofaniello piccolo, che raccolgono acqua piovana. Per millenni, il cratere ha custodito anche delle sorgenti termali, oggi scomparse, la cui esistenza è testimoniata fino al XIII secolo, quando nel 1217 vi si recò per curarsi l’imperatore Federico II.
Il mito collocava nel vulcano il ciclope Sterope, da cui forse deriva il nome del luogo. Altre ipotesi fanno discendere il toponimo dagli Strioni, gli stregoni che, secondo le antiche credenze, lo frequentavano regolarmente, o anche da sturnis,, ovvero dagli stormi di uccelli che vi sono stati sempre numerosi.
Proprio la presenza massiccia di avifauna fece degli Astroni una riserva di caccia per i re aragonesi. Alfonso I fece immettere nell’area cervi, cinghiali e diverse specie di uccelli. Questa funzione originaria fu confermata per tre secoli, fino al 1721, quando venne donata ai Gesuiti. Si trattò di un breve intermezzo, fino al 1739, giacchè con l’avvento sul trono di Carlo di Borbone, il sito tornò nella disponibilità della corona e, per la nota passione per la caccia del sovrano, venne riconvertito in luogo di caccia e ripopolato con specie collegate all’attività venatoria. Ai primi del Novecento, divenuto proprietà dell’Opera Nazionale Combattenti, il cratere fu destinato all’agricoltura, poi durante la seconda guerra mondiale fu utilizzato addirittura come deposito di armi. Finalmente, negli anni ’60, fu riconosciuto come oasi naturalistica da tutelare, ma ci vollero ancora alcuni decenni e varie vicissitudini prima di formalizzare l’istituzione di una riserva naturale di proprietà regionale, affidata nel 1990 al Wwf, che la aprì al pubblico nel 1992. Inseriti nel Parco regionale dei Campi Flegrei, gli Astroni sono riconosciuti Sito di Interesse Comunitario (Sic) e Zona di Protezione Speciale (Zps).
Tra le peculiarità più rilevanti dal punto di vista naturalistico del cratere vi è il fenomeno dell’inversione vegetazionale, per il quale la successione di specie arboree a seconda dell’altitudine è invertita rispetto a quella consueta. Perciò, sul fondo, a pochi metri di altezza, crescono alberi solitamente di alta quota, come castagni, farnie, roveri, olmi e carpini bianchi e neri e orientali e quercia rossa americana. Intorno ai laghi, si trovano specie tipiche come cannucce di palude, tife e salici. Nel Lago Grande, il saliceto si accompagna a distese di ninfea bianca, mentre nel Cofaniello piccolo prevale la lenticchia d’acqua. Salendo verso la sommità del bordo, si incontrano boschi rigogliosi di lecci con corbezzoli e ornielli nei punti più umbratili e, in quelli più assolati, la macchia mediterranea con lentischi, mirti, erica, ligustro, pungitopo, gigaro, biancospino. E fiori: ciclamino napoletano, ranuncoli e orchidee selvatiche.
Regno dell’avifauna, gli Astroni accolgono130 specie di uccelli, tra nidificanti, svernanti e di passo. Simbolo dell’oasi è il picchio rosso maggiore, con cui convivono altre due specie di picchi e ancora pettirossi, luì piccoli, merli, fringuelli, scriccioli, fiorrancini, cinciarelle, cinciallegre, capinere, cince more, germani reali, folaghe, tuffetti, aironi cenerini, garzette, gallinelle d’acqua,ghiandaie. Da qualche anno è stata reintrodotta la rara moretta tabaccata, che nidifica intorno al Lago Grande. Nell’oasi nidificano vari rapaci, diurni e notturni: falchi pellegrini, gheppi, poiane, sparvieri, civette, allocchi e barbagianni. Negli stagni vivono vari anfibi come rane verdi, rane dalmatine, rospi smeraldini. Cinque le specie di serpenti: biacchi, cervoni, saettoni, natrici dal collare e nella parte più alta e soleggiata la vipera. I mammiferi sono rappresentati da volpi, donnole, ricci, ghiri, talpe, toporagni, moscardini, arvicole, topi selvatici, e il minuscolo mustiolo etrusco. Volano le libellule sugli specchi d’acqua e anche 38 specie di farfalle di cui due presenti, nei Campi Flegrei, solo agli Astroni.
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