La quiete sull’alto monte gli indicò che era quello il luogo. Dopo aver seguito il cammino di Santiago e aver peregrinato in Italia con il sogno di raggiungere Gerusalemme, Guglielmo da Vercelli raggiunse l’Irpinia e sentì un forte richiamo verso quella montagna coperta di boschi.
Inoltrandosi nel verde, incontrò una piccola valle che gli apparve ideale per rimanere a meditare e a pregare nella contemplazione di un paesaggio di grande bellezza. Costruita una piccola cella, vi si ritirò in solitudine e in armonia con la natura selvaggia, visitato da lupi e orsi senza esserne attaccato. E un lupo, del resto, sarà protagonista di uno dei miracoli attribuitigli nel processo di santificazione, motivo per il quale sarà raffigurato solitamente proprio con l’animale selvatico al suo fianco, La presenza di Guglielmo, già in odor di santità, attirò altri uomini desiderosi di ritirarsi dal mondo sul Partenio@, che in quel luogo aveva preso il nome di Montevergine.
Con fango e pietre furono costruite altre celle e si formò una piccola comunità monastica. Che presto si dedicò all’edificazione di una chiesa, consacrata nel 1126 e dedicata alla Madonna per la profonda devozione di Guglielmo e degli altri monaci. Il gruppo degli eremiti diede vita a una nuova congregazione, detta Verginiana dell’Ordine di san Benedetto, riconosciuta dal papa Leone XIII nel 1879, che si impegnò soprattutto nell’evangelizzazione del popolo e nella costruzione di ospedali in diverse zone della Campania e anche fuori. Dopo la morte di Guglielmo, avvenuta il 25 giugno del 1142 a Goleto vicino Nusco, il santuario conobbe un lungo periodo d’oro fino alla metà del ‘300, quando la chiesa fu abbellita con importanti opere d’arte frutto di donazioni dei fedeli, tra le quali il quadro della Madonna. E un pregevole baldacchino romanico con intarsi cosmateschi del XIII secolo, dono di Maria d’Ungheria o forse del figlio Carlo Martello d’Angiò. Di grande valore artistico anche il monumento funebre di Caterina II di Valois, moglie di Filippo d’Angiò, e dei suoi figli. Tra le reliquie custodite a Montevergine, anche le ossa di San Gennaro, poi trasferite nel Duomo di Napoli@. Dalla seconda metà del ‘300 alla fine del ‘500 seguirono due secoli di decadenza anche religiosa del Santuario, che nel 1629 fu fortemente danneggiato dal crollo della navata centrale, tanto da dover essere riedificato nel 1645 su progetto dell’architetto Giacomo Conforti. All’inizio dell’800 la confisca dei beni degli ordini religiosi fu un duro colpo, superato dopo l’Unità d’Italia, quando fu sancito che il provvedimento non riguardava le abbazie e così anche il santuario irpino beneficiò della restituzione dei beni confiscati.
Durante la Seconda Guerra Mondiale presso il Santuario di Montevergine fu messa al sicuro la Sindone. Poi nel dopoguerra furono effettuati lavori di ristrutturazione della foresteria e del santuario e nel 1956 fu realizzata la funicolare di collegamento con il centro di Mercogliano. Iniziata nel 1952, nel 1961 fu inaugurata la basilica nuova su progetto dell’architetto Florestano Di Fausto e vi fu trasferito e posto sull’altare maggiore il quadro della Madonna, che nel 2012 fu però ricondotto nella chiesa antica. Moderna è anche la cripta che ha accolto le spoglie di San Guglielmo, portate a Montevergine da Goleto nel 1807 per ordine di Gioacchino Murat. Nel museo sono esposti reperti archeologici di età romana recuperati nei dintorni del santuario, dov’era anticamente un tempio alla dea Cibele, e opere d’arte donate nel tempo dai pellegrini. Che salgono anche oggi numerosi al santuario ad oltre mille metri di altitudine, in un luogo magnifico da cui si ammira buona parte del paesaggio irpino.
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