Quel colore vivido, inconfondibile e unico per la sua intensità è impossibile non notarlo.
Ed è sicuramente la prima caratteristica della specie che colpisce lo sguardo.
Eppure, nel tempo, non si era mai prestata loro troppa attenzione, come accade sempre dinnanzi a qualcosa che è tanto familiare da darla per scontata. Così, in fondo, erano sempre state considerate le triglie che, di buon mattino, i pescherecci scaricano nel porto di San Marco di Castellabate. Buone, certo, e belle a vedersi, ma anche una presenza normale sulle mense castellane. Almeno fino a quattro anni fa. Quando le particolarità di quei pesci dalle sgargianti livree cominciarono ad essere valutate in modo diverso. Primo passo di una nuova consapevolezza del loro valore, che avrebbe portato ad ottenerne il riconoscimento come Prodotto agroalimentare tradizionale, più semplicemente, Pat
Mullus surmuletus Linnaeus, questo il nome scientifico di quella che non è una triglia, ma la triglia rossa di Licosa. Una denominazione in cui, oltre al riferimento al colore, è indicata l’altra peculiarità che la rende unica, ovvero lo strettissimo collegamento ad un luogo, Punta Licosa, al quale corrisponde un habitat marino perfetta sintesi dei principali elementi distintivi dell’Area marina protetta di Santa Maria di Castellabate.
Figlia della Posidonia e del Flysch
È un areale davvero molto circoscritto, quello in cui vive la Rossa: il tratto di mare tra Ogliastro Marina e Punta Licosa, regno del tipico Flysch del Cilento, il substrato roccioso favorevole alla crescita delle praterie di Posidonia. Lì le triglie si muovono sicure, esplorando con i lunghi e spessi barbigli il fondale e il fogliame rigoglioso delle piante che le proteggono, alla ricerca di piccoli crostacei, il cibo preferito. Determinante per la loro sopravvivenza, ma soprattutto origine di quel rosso vivo che risalta sui dorsi guizzanti, rendendo uniche le “signore” di Licosa. Finchè sono ancora libere nelle profondità marine e, per quelle che finiscono nelle reti, anche per un po’ dopo la cattura. Perché progressivamente, poi, il rosso si trasforma in un rosa intenso.
Quel tratto di mare così ricco di forme di vita non ha segreti per i pescatori, spesso da generazioni, di Castellabate. Come le abitudini della più rinomata tra le triglie di scoglio. Che pescano con il tremaglio, la lunga rete da posta, nelle prime ore del mattino. Perché è allora che la Rossa si muove, ‘a rvola come dicono loro, fino ad impigliarsi tra le maglie traditrici.
Il debutto allo Slow Fish
Fu proprio un pescatore ad andare a raccontare della triglia alla donna che ne avrebbe cambiato la storia e la percezione. Il valore e l‘unicità di quel pesce erano stati sempre misconosciuti, penalizzando il duro lavoro sul mare dei pescatori locali. Eppure, l’Area marina, istituita già da qualche anno, poteva rappresentare un’opportunità per valorizzare quella produzione che, non avendo eguali in nessun altro luogo, poteva essere apprezzata anche dai frequentatori forestieri della costiera. Chi, dunque, avrebbe potuto interessarsi di far conoscere la Rossa meglio dell’attiva consigliera comunale che in quel 2016 aveva tutte le deleghe giuste per agire? Assunta Niglio stette ad ascoltare con interesse di quella triglia che conosceva, ovviamente, ma sulla quale non si era mai soffermata troppo.
L’occasione per lanciare la Rossa le si presentò di lì a poco con la partecipazione allo Slow Fish di Genova. La triglia cilentana, che arrivava da un mare splendido e da una zona protetta di altissimo valore ambientale, aveva tutti i requisiti per farsi conoscere e apprezzare in quel contesto. Ma come conservarla per tutta la durata della manifestazione, mantenendone la genuinità del sapore? Tradizionalmente, le triglie venivano conservate sotto sale con un procedimento simile a quello delle alici. Ma l’intuizione giusta arrivò ad Assunta insieme all’amica Donatella Marino: «Facemmo diverse prove – ricorda – fino a sperimentare una leggere marinatura, che era la formula giusta». Così la consigliera partì per Genova con i preziosi vasetti e grandi aspettative. Che non andarono deluse. Perché la Rossa conquistò tutti con la sua bontà e con la sua storia. «Il metodo di conservazione che avevamo sperimentato – ricorda Niglio – restituì tutto il valore della nostra triglia. Che ha un sapore speciale, sembra di mangiare il mare gustandola».
La svolta del progetto Pat
Ci furono altre occasioni di farla conoscere e apprezzare lontano dal mare di casa, ma intanto la saporita triglia di Licosa era il centro di un nuovo, ambizioso progetto: ottenere un riconoscimento della sua particolarità e qualità. Perciò un’analisi della Rossa e delle sue caratteristiche fu affidata all’Istituto Zooprofilattico. I risultati finirono nella corposa documentazione con cui, nel gennaio del 2017, fu accompagnata la candidatura della triglia cilentana a Pat, suggello di un percorso complesso, portato avanti da Niglio con impegno e determinazione vincenti. E in agosto arrivò il responso che Castellabate aspettava: la Rossa era un nuovo Prodotto agroalimentare tradizionale, frutto di pesca sostenibile nel limitato areale di vita della specie all’interno del parco marino, dove è previsto solo l’uso di sistemi di cattura tradizionali e selettivi. E infatti è consentito un prelievo quotidiano non superiore ai venti chili per imbarcazione, a tutela di una risorsa obiettivamente limitata e, quindi, ancora più pregevole.
Con il riconoscimento Pat, la triglia di Licosa è diventata, così, un’opportunità significativa per il territorio castellano. Ingrediente ricercato, a miglio zero, per i ristoranti di Castellabate, che hanno iniziato ad inserirla nei menu. Poi materia prima di qualità per un’azienda locale che ne cura la trasformazione e la commercializzazione. E, innanzitutto, valore aggiunto per i pescatori, che possono contare su un prodotto più remunerativo, grazie al quale cominciano a svilupparsi anche il pescaturismo a mare e l’ittiturismo a terra. Un esempio virtuoso, nel mare del Cilento, di come ecologia ed economia possano camminare insieme, a vantaggio dell’ambiente e di una comunità.
©photo Marco Coppola e Luca Scudiero
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