Il più piccolo per superficie tra i Comuni isolani si distende sulla sottile striscia di costa punteggiata dal notissimo scoglio tufaceo dalla forma di un Fungo, ed è uno degli approdi ideali per la nautica.
Lacco Ameno divenne la perla delle vacanze d’élite per merito di Angelo Rizzoli, valorizzatore su scala mondiale di una ricchezza termale che resta il cuore pulsante degli alberghi di prestigio della zona. Il toponimo deriva da laccos, conca, avvallamento. La cittadina è legata indissolubilmente a quanto accadde verso la metà dell’VIII secolo a.C., quando i Greci provenienti da Calcide e da Eretria, importanti centri dell’isola Eubea, sbarcarono, fondandovi Pithekoussai. Scelsero il promontorio di Monte di Vico, facile da difendere, e con una superficie piuttosto pianeggiante che risultò adatta a farvi sorgere l’acropoli. Si svilupparono poi la necropoli nella valle di San Montano, un quartiere metallurgico a Mazzola sulla collina di Mezzavia e gli approdi. Il sito fu individuato dal sacerdote e fisico di Lacco Ameno, Francesco De Siano (1740-1813), le cui tesi sono state confermate dagli scavi e gli studi del grande Giorgio Buchner, del prete-archeologo don Pietro Monti e di David Ridgway. Esperti dell’arte figulina, i Greci sfruttarono i giacimenti argillosi dell’isola, dando vita ad una fiorente industria vasaria: in un primo tempo ripeteva le forme euboiche, poi si arricchì fino alla produzione di vasi tipicamente pithecusani. Si specializzarono anche come modellatori del ferro, importato dall’isola d’Elba, e si dimostrarono abili nella lavorazione degli oggetti preziosi. Gli scavi archeologici, eseguiti alle falde di Monte di Vico hanno anche messo in luce un tempio di età repubblicana ed una palestra recintata da parapetti in opus reticulatum, segni d’un villaggio romano del I secolo a. C. Il complesso, detto Eraclius, era il centro di vita del villaggio. Un insieme di reperti fanno pensare alla presenza di una comunità cristiana, pronta ad accogliere la salma di Santa Restituta, la martire cartaginese che, secondo un racconto dell’XI secolo, fu sepolta «in loco qui dicitur Eraclius»: la santa è l’altra patrona dell’isola d’Ischia.
Il centro di Lacco Ameno è appunto piazza Santa Restituta: dai tempi remoti conserva una forte peculiarità religiosa, ben evidenziata dalla singolare vicenda dei templi che vi sono stati costruiti e dal percorso spirituale e intellettuale di don Pietro Monti, il prete-archeologo, che ha contribuito a svelare i segreti del passato. Il Santuario di Santa Restituta si distingue per una chiesa cosiddetta «grande», costruita dai Carmelitani con l’annesso convento; e la chiesetta e la basilichetta ricavata da un edificio romano. Nel complesso del Santuario ci sono anche gli Scavi e Museo di Santa Restituta: sono un esempio di aree di scavo diventate entità museali autonome. Un affascinante museo sotterraneo. Gli scavi mostrano le tracce lasciate dall’uomo nell’intrecciato succedersi delle culture del passato: è uno spaccato visivo della storia isolana, dalla preistoria al periodo greco-ellenistico-romano fino ai resti del primo cristianesimo.
Dagli scavi, il passaggio è obbligato al Museo Archeologico di Villa Arbusto Villa Arbusto, grazie al quale la mitica «Alba della Magna Grecia» è diventata una testimonianza visibile. Il museo è suddiviso in sale tematiche che contengono, infatti, anche i più significativi reperti dell’insediamento fondato dai Greci. Le popolazioni dell’Italia centrale mutuarono proprio dai Greci pithecusani l’alfabeto, come testimonia l’epigramma in tre versi inciso dopo la cottura su una famosa tazza che allude, in euboico, alla celebre Coppa di Nestore descritta nell’Iliade. Squarci di un’epoca di traffici intensi e di un’importanza politica forte che cominciò a declinare solo dopo lo sviluppo di Cuma.
Nella piccola Lacco Ameno, dal lungomare Angelo Rizzoli ai dolci pendii collinari, si respira comunque un’atmosfera nobile e popolare insieme, spostandosi fino alla frazione di Fango, con la chiesa di San Giuseppe. Tornando verso la costa, infine, non si può sfuggire alla mole della Torre di Montevico, costruita da Alfonso I d’Aragona (XV secolo) come torre di avvistamento e di difesa contro le incursioni saracene.
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